Questo lavoro, ispirato da una poesia e da una immagine: le orme sulla sabbia rimaste sole, potrebbe sembrare una trovata fantasiosa.
In realtà, fondato sulla Parola di Dio e nella fede della Santa Chiesa, vorrebbe essere un tentativo di tradurre, in termini a noi comprensibili, l’esperienza dell’antropologia cistercense.
Appositamente, evito di usare la “spiritualità cistercense”, in quanto tale termine, nella cultura contemporanea, ha assunto un contenuto assai dubbio. Inoltre, l’esperienza cistercense non è per nulla una “spiritualità”, bensì una antropologia. E’ il cammino di “recupero” dell’uomo e del suo sviluppo, fino alla piena maturità di Cristo Gesù.
QUADERNI DAL 1945 AL 1950 CAPITOLO 591 – Maria Valtorta
L’antropologia (dal greco ἄνθρωπος, “uomo”, e λόγος, “discorso, studio“), è, in generale, la disciplina che studia l’essere umano, considerato sia come soggetto o individuo, sia come membro di comunità.
La creatura ha bisogno di amare, e per sentirsi meno sola e per amare deve ricordare. Il ricordo è come una catena che unisce all’amato, lanciata nelle distanze. Non se ne vede l’estremità, ma i movimenti che si sentono venire attraverso l’amorosa catena del ricordo reciproco dicono che si è amati come si ama.
Adamo ed Eva avevano dunque il dono della Grazia che è amore, luce, sapienza, conoscenza di Dio, e questo dono, essendo essi uomini privati e pubblici insieme, essendo i progenitori di tutta la famiglia umana, sarebbe stato da essi trasmesso insieme agli altri doni ai loro discendenti e non ci sarebbe stato bisogno per essi di faticare per ricordare Dio,
“Perché mi hai lasciato solo” è la voce del conflitto esistente nell’essere umano e che troviamo costantemente nella Bibbia, specialmente nei Salmi. E’ una esperienza di “conflitto” all’interno dell’uomo che si ripercuote fuori di sé, sul suo “mondo”, nella cultura, nelle religioni e, purtroppo, nella violenza di ogni genere; nella ricerca di un senso alla sofferenza e alla morte.
Donde deriva? Le analisi filosofiche, psicologiche, sociologiche ecc. sono innumeri.
Nel corso di queste pagine vi sono alcuni accenni necessari per la documentazione alle suddette indagini
Le recriminazioni contro Dio sorgono con facilità; poiché, anche se la ferita è “difesa”, rimane sempre viva. Tali recriminazioni possono giungere insensibilmente alla negazione di essere “ferito” e, quindi, alla negazione dell’Amore: Dio Padre, il Signore Gesù, il Santo Spirito Guaritore.
Il più delle volte, perché meno responsabile e meno impegnativo, la negazione è mascherata dall’indifferenza, suffragata dalla “cultura” moderna, dalla mentalità pressappochista e consumistica, non tanto dei beni materiali, bensì delle idee, delle sensazioni del momento.
La nostra struttura psicologica e la nostra cultura ci danno una immagine di Dio e di noi stessi non solo incompleta, ma falsa: Dio è un “avversario” e l’uomo “c’est une passione inutile”…
L’origine di una tale falsificazione di giudizio è radicata nel peccato originale. Il peccato originale è causato dalla suggestione del serpente, il quale stravolge la realtà, insinuando nell’uomo il desiderio di non essere limitato dalla dinamica della crescita a lui connaturale…
L’uomo vive sotto l’influsso del peccato originale nell’angoscioso tentativo di realizzare se stesso nell’ambito del creato, le sue foglie di fico, ma non riesce mai nel suo intento di realizzarsi nonostante le sue conquiste…
Marx stesso ha costruito una “mistica” la quale, sebbene tutta imperniata e finalizzata alla realizzazione del materialismo, era un “trascendere nella religione di un mondo nuovo e di un uomo nuovo”: lo stato senza classi sociali.
Perché l’uomo continua a soffrire e a morire? Se ha perdonato in Cristo Gesù, se già dall’inizio ha promesso un Redentore, perché non ha rimediato subito al disordine causato del peccato: la paura, l’angoscia e la morte?
La morte è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo, perché Dio ha creato il diavolo e soprattutto perché continua a mantenerlo nell’esistenza, perché non lo annienta?
Fatta questa breve, ma necessaria precisazione e distinzione tra dolore, male e sofferenza, si può procedere nel tentativo di cercare di capire come conciliare la sofferenza con la bontà e la potenza del Creatore.
Come leggere il Vangelo.
Questa domanda ce ne pone un’altra: cos’è il Vangelo? Un testo va affrontato a seconda della sua natura, della sua origine storica, ecc. Per cui, che cos’è il Vangelo è la prima domanda alla quale rispondere per poter capire al¬cunché del Vangelo.
Che cos’è il Vangelo.
E’ la parola di Dio! Bene, ma cos’è la Parola di Dio? La spiegazione è riassunta in breve, ma in modo esaustivo dall’inizio Ebrei:
Ebr 1,1-3, “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamen-te, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto an-che il mondo. Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell’alto dei cieli”.
Il cammino di guarigione, o conversione, può essere sintetizzato con tre episodi del Vangelo, o meglio, con l’atteggiamento di tre donne. Ognuna rivela un comportamento profondo della nostra vita che dobbiamo superare perché le “orme” non lasciano la continua esperienza di essere rimasti soli e quindi sempre in conflitto con noi stessi.
La consapevolezza della “malattia” è una constatazione che rimane, in un certo qual senso, “esterna” a noi. Cambiare, invece, è una trasformazione che deve avvenire in noi: il mutamento, dalla malattia alle guarigione, suppone un passaggio attivo…
Sembra che nessuno sia in grado di rifare ciò che è stato sbagliato nella nostra crescita. Le ferite rimangono. Le difese contro queste ferite, seppure rimarginate, sono sempre forti. Stiamo attenti che nessuno entri in queste “zone” della nostra vita che rischiano di farci nuovamente sperimentare le sofferenze passate. Ed è la paura di riaprire tali ferite che il nostro io si costruisce delle difese, delle censure e si “adatta” – con il super ego – alla cultura…
Il motivo del nostro lamento deriva dalla constatazione reale che, ad un certo punto, sulla spiaggia esiste una sola orma. La constatazione è fondata: la sofferenza, il male, la morte esistono. La conclusione, invece, è affrettata: “perché mi hai lasciato solo?”
Il potere dei “grandi” ci ha sovrastato.
In realtà, le nostre orecchie hanno udito cose infauste ogni qualvolta nella nostra crescita il desiderio è stato coartato, rifiutato e quindi frustrato.
Frustrazione che ad un certo momento manifesta il suo vero volto: L’ANGOSCIA!
Come noi possiamo modificare fino a cambiare la nostra esperienza per accettare quella del Signore? Come cioè imparare a vedere che la singola orma sulla sabbia non è il segno che il Signore ci ha abbandonato, bensì che Lui ci portava e quindi era con noi?
Nella nostra esperienza quotidiana è pacifico: esistono ferite che ci fanno soffrire. Esistono in realtà delle situazioni che abbiamo vissuto nell’infanzia che ci hanno segnato senza che noi fossimo in grado di decidere o reagire.
La fede cristiana è una realtà che ci viene donata e come conoscenza e come realizzazione dell’uomo. E’ Dio che ci porge l’altra metà del “simbolo” per completare la nostra conoscenza e la nostra realtà. L’unione delle due metà del “simbolo” si ottiene nella relazione, la quale diviene ascolto, accoglienza, preghiera.
Per non cadere nel pericolo costante di aggrapparsi al senso religioso, soggettivo e quindi falsato, è necessario attenersi a quando ci porge l’altra
metà del “simbolo”: il Signore Gesù nella santa Chiesa.
A tutti, diceva: Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà, Lc 23-24.
Finché è il timore che ti porta ad agire in modo giusto, vuol dire che Dio non forma ancora il tuo diletto. Finché ti comporti da schiavo, vuol dire che ancora non hai riposto in Dio la tua delizia: quando troverai in lui la tua delizia, sarai libero.